Durante il simposio di Jackson Hole, il presidente della Federal Reserve ha ribadito la volontà di contenere il rialzo dei prezzi e continuare la lotta all’inflazione per riportarla su livelli intorno al 2%.
Per fare ciò ha bisogno di tempo, ed è per questo motivo che proseguirà nel rialzo dei tassi di interesse anche nei prossimi mesi.
Tuttavia, la banca centrale americana è consapevole che tali manovre restrittive penalizzeranno la crescita e il livello di occupazione ma, come ha aggiunto Powell, “sono gli sfortunati costi di una riduzione dell’inflazione”.
Dopo le parole del presidente della FED, il mercato è sempre più convinto che, nella prossima riunione di settembre, il rialzo dei tassi sarà dello 0.75% anziché dello 0,50%.
Sul fronte della crescita, l’economia americana sta risentendo della nuova politica monetaria della Fed. Infatti, il PIL USA è sceso rispetto al periodo precedente per due trimestri consecutivi.
Questa settimana, uscirà il dato più importante riguardo l’occupazione americana: l’indice Nonfarm Payrolls, cioè le buste paga del settore non agricolo. Le attese degli analisti sono di un calo di 230 mila unità rispetto al dato precedente. L’uscita del dato, insieme al tasso di disoccupazione, daranno nuove indicazioni sulle possibili mosse della Fed per i prossimi mesi.
Cosa dicono i dati Eurostat
Il tasso di inflazione dell’area dell’euro, sostiene Eurostat, ha raggiunto il record dell’8,9% a luglio 2022. Esattamente un anno prima, il tasso era del 2,2%. Anche nel nuovo continente, la variazione annua dei prezzi al consumo ha subito un’impennata significativa.
Ricordiamo che negli ultimi dieci anni, il livello di inflazione, sia in America che in Europa, è oscillato all’interno di un range compreso tra lo 0% -0,5% e il 2%-2,5%.
E pensare che fino a qualche anno fa, l’obiettivo della maggior parte delle banche centrali mondiali era quello di spingere al rialzo i prezzi tramite iniezioni di liquidità nel sistema economico. All’epoca le stime future sui livelli di inflazione si aggiravano intorno al 3%, massimo 4%. Quando il tasso di inflazione ha invertito rotta, molti operatori erano convinti che si trattava di una fiammata di breve periodo.
Ora è cambiato tutto.
Non si può negare tuttavia, che lo scoppio della guerra Russia-Ucraina, insieme alla rapida riapertura delle attività economiche post Covid, hanno contribuito a questa impennata dei prezzi così rapida.
Strumenti finanziari su cui puntare
Cosa dobbiamo aspettarci da qui ai prossimi due anni? Le banche centrali continueranno la loro lotta all’inflazione. Molti analisti ed economisti credono che ci vorranno almeno 2 anni per vedere il tasso di inflazione su livelli del 2020. Quali sono gli strumenti su cui puntare in un contesto del genere?
Per chi ha maggiore propensione al rischio, può optare per azioni che investono in beni di consumo e servizi di pubblica utilità, in quanto tendenzialmente resistono meglio di altri settori durante periodi di alta inflazione.
Per coloro che invece vogliono proteggere il capitale da fluttuazioni di mercato, una buona soluzione consiste nell’acquisto di obbligazioni a breve termine.
Quest’ultime sono meno sensibili alle variazioni dei tassi di interesse. Inoltre, se tenute fino alla scadenza, l’investitore riceve il suo valore nominale.
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